Prossimamente in libreria


« Si tratta di un’opera originale, il cui valore non so se sia stato adeguatamente apprezzato ed è comunque di rilievo. Ristamparla mi pare un’ottima idea »

(Giuseppe Pontiggia, parere di lettura del 26 luglio 1977).

Sergio Antonielli

La tigre viziosa

a cura di Alberto Cadioli

«Un libro imprevedibile, sensazionale» (Elio Vittorini).

Un romanzo visionario, tra il fantastico e l’allegorico, che racconta di una tigre dal punto di vista della tigre. E la riscoperta di un grande narratore.

Ci sono libri di singolare valore, senza tempo, che per ragioni imperscrutabili conducono una vita appartata e subacquea, in attesa che qualcuno li riporti alla luce, come i tesori che giacciono in fondo al mare. È il caso di questo affascinante romanzo di Sergio Antonielli, che al suo apparire – nel 1954, nei « Gettoni » Einaudi, la gloriosa «Collezione di letteratura» diretta da Elio Vittorini – non poteva non risultare come un unicum visionario, risolutamente eccentrico rispetto al neorealismo imperante nel panorama italiano di allora.

In una trascinante favola nera, che Eugenio Montale ebbe a definire, in una recensione, « un tour de force di abilità e di fantasia pura », si snoda in queste pagine il racconto autobiografico di un maschio di tigre caduto nel vizio di mangiare gli esseri umani, generalmente estranei alle consuetudini alimentari delle fiere. All’inizio il sapore dolciastro della carne dell’uomo che « il tigro » ha sbranato quasi per caso, in­­ un momento di foga, gli provoca disgusto: « … m’accorsi allora che agli uomini, quanto a nessun altro animale, quello che cresce addosso con gli anni è il puzzo della loro morte ». Ma a poco a poco alla ripugnanza si mescola una irresistibile attrazione, una crescente fascinazione che finirà per corrompere la belva, facendole smarrire la primitiva purezza della sua ferocia e insinuando in lei una sensibilità e una fragilità emotiva del tutto estranee alla sua natura, che la isoleranno dai suoi simili (« Io non ero più una tigre, ero una bestia a metà d’un misterioso viaggio ») – e la condurranno, fatalmente, a una tragica fine.

Favola allegorica che è insieme conte philosophique e romanzo psicologico, La tigre viziosa veniva presentato da Elio Vittorini come «un libro imprevedibile, sensazionale»; e Italo Calvino, che ne aveva consigliato la pubblicazione, scriveva a Sergio Antonielli: « È una lieta sorpresa. L’ho letto con entusiasmo ». Parole che, a distanza di settant’anni, i lettori di oggi non potranno che confermare.


«Da allora gli uomini furono al vertice dei miei sogni … La mia gioia stava proprio in quella carne che le prime volte m’aveva disgustato, di maschio o femmina che fosse, odorosa e ricca di dolce sapore … Non che il vecchio disgusto fosse del tutto scomparso. Dopo, a incontro consumato, lo risentivo intenso quasi come la prima volta. C’era però questa differenza: nel punto stesso in cui ne soffrivo, venivo preso più chiaramente dal desiderio di riprovarlo, e finché non lo avessi riprovato il desiderio cresceva a dismisura in un lungo e invincibile vagheggiamento, si gonfiava, s’inturgidiva d’incontrastabile brama … Quanto ripugnante, e nel medesimo tempo desiderabile … Dimenticavo tutto, nell’attimo, e ciò che dopo, a poco a poco, riprendevo a ricordare, era di aver toccato una gioia vertiginosa».


L’autore

Sergio Antonielli (1920-1982), narratore, critico letterario e professore di Letteratura italiana a Milano, è stato anche consulente editoriale per Mondadori e Editori Riuniti, e tra i protagonisti della rivista «Belfagor», come testimoniano i carteggi con alcuni suoi importanti contemporanei: da Italo Calvino a Eugenio Montale, da Elio Vittorini a Vittorio Sereni.

Il catalogo

Palingenia